La chiesa
Percorrendo la via Lata, all’incrocio con via Santa Lucia, nella parte alta della città, troviamo la chiesa di S. Lucia.
“E’ una chiesa molto interessante per il suo vetusto aspetto, per la sua bella chiesa superiore della SS. Trinità, per la sua preziosa minuscola chiesa inferiore e perchè, fino da un primo colpo d’occhio, fa presagire subito, a un complesso monumento importante che testimonia di molte antiche vicende brindisine, e mostra notevoli forme d’arte, dal bizantino ad oggi”. (arch. C.L. Cesanelli).
Oggi è possibile ammirare la facciata monocuspidata, la cui semplicità di linee è interrotta solo dalla lunetta che sormonta il portale. Alla chiesa si accede da una scala a due rampe che ha sostituito una scala semiovoidale preesistente, simile a quella della chiesa di San Paolo Eremita.
Si ritiene eretta nel XIII secolo, ed è un tipico esempio di architettura romanica che precorre e si include al linguaggio gotico. È dotata di cripta e in origine doveva esservi annesso un monastero femminile di monache premonstratensi, probabilmente le penitenti di cui è memoria in un documento del 1248, e che erano dette “monache bianche” dal colore del loro abito.
L’interno è a tre navate che sostituirono la navata unica probabilmente dopo i gravissimi danni subiti dalla chiesa con il terremoto del 1456. Le navate sono divise da quattro pilastri con archi ogivali; il tetto è a capriate.
Nella navata sinistra notiamo: “Il Martirio di S. Lucia” ove viene raffigurata la giovinetta che volge lo sguardo al carnefice che posto alla sua sinistra sta per pugnalarla, opera firmata nel 1770 dal pittore Giovanni Scatigno, verosimilmente di origine brindisina.
Nella navata destra il polittico della Madonna del Dolce Canto proveniente dalla non più esistente Madonna del Ponte, oggetto di culto perchè ritenuta miracolosa. La paternità della Madonna del Dolce Canto è stata ascritta da Rosario Jurlaro al pittore e nobile brindisino Jacopo De Vanis, attivo tra il 1559 e il 1570.
Il nostro articolo a questo link
Esterno
Interno
Olio su tela “Il Martirio di S. Lucia” – di Giovanni Scatigno
Polittico “Madonna del Dolce Canto” – di Jacopo de Vanis
Affreschi
Santo Cavaliere, Santo Vescovo e Madonna con Bambino
S. Barbara e S. Martino
Teoria di Santi
S. Pietro martire (parte sx ) – Pie donne al Sepolcro (parte dx)
S. Donato e S. Agata (parte sx) – Madonna con Bambino e S. Michele Arc. (parte dx)
Teoria di Santi
Santo Vescovo, frammento
Santo Martire
Frammenti diversi
La Cripta
Di particolare interesse artistico è la Chiesetta inferiore, un tempo sopraelevata rispetto al livello stradale. Dell’originaria struttura romanica conserva il muro di fondo con l’abside, e, i resti del matroneo sul muro longitudinale di sinistra. Con i resti romanici si fuse nel sec. XII-XIII l’attuale struttura della chiesa a tre navate.
Queste 4 colonne con raffinati capitelli decorati con motivi vegetali dai profili taglienti e tralci che partono da maschere sputaracemi, sono “riconducibili alla cultura di maestranze pugliesi e abruzzesi della fine del sec. XII e l’inizio del XIII che mostrano significativi contatti con la produzione artistica degli ateliers della Terrasanta.
Ingresso
Interni
Soffitto retto da colonne con capitelli di vario tipo
Matroneo sulla parete longitudinale sinistra
Decorazioni di Santi sui pilastri
Santa martire (part.)
Matroneo (part.)
Matroneo (part.)
S. Nicola
Part.
English translation
Church of S. Lucia (or the Most Holy Trinity)
Traveling along Via Lata, at the intersection with Via Santa Lucia, in the upper part of the city, we find the Church of S. Lucia.
“It is a very interesting church for its ancient appearance, for its beautiful upper church of the Most Holy Trinity, for its precious tiny lower church, and because, at first glance, it immediately suggests a complex monument that bears witness to many ancient events in Brindisi, displaying remarkable forms of art, from Byzantine to the present day.” (arch. C.L. Cesanelli).
Today, it is possible to admire the monospire facade, whose simplicity of lines is interrupted only by the lunette above the portal. The church is accessed by a two-ramp staircase that replaced a pre-existing semiovoidal staircase, similar to that of the Church of San Paolo Eremita.
It is believed to have been erected in the 13th century, and it is a typical example of Romanesque architecture that anticipates and includes Gothic elements. It has a crypt, and originally there was supposed to be an annexed female monastery of Premonstratensian nuns, probably the penitents mentioned in a document from 1248, known as the “white nuns” because of the color of their attire.
The interior consists of three aisles, which replaced the single nave probably after the severe damage suffered by the church in the earthquake of 1456. The aisles are divided by four pillars with ogival arches; the roof is timber-framed.
In the left aisle, we notice: “The Martyrdom of S. Lucia, where the young girl is depicted turning her gaze to the executioner who, positioned to her left, is about to stab her, is a work signed in 1770 by the painter Giovanni Scatigno, likely of Brindisi origin.
In the right aisle, the polyptych of the Madonna del Dolce Canto, originating from the no longer existing Madonna del Ponte, was an object of worship because it was considered miraculous. The authorship of the Madonna del Dolce Canto has been attributed by Rosario Jurlaro to the painter and nobleman from Brindisi, Jacopo De Vanis, active between 1559 and 1570.
THE CRYPT – THE FRESCOES, THE COLUMNS.
Of particular artistic interest is the Lower Chapel, once elevated above street level. It retains elements of Romanesque architecture such as the back wall with the apse and the remnants of the matroneum on the left longitudinal wall. The current structure of the church with three aisles was fused with the Romanesque remains in the 12th-13th centuries.
These four columns with refined capitals decorated with vegetal motifs and tendrils emanating from spit-masks are “attributable to the culture of artisans from Puglia and Abruzzo at the end of the 12th and the beginning of the 13th century, showing significant connections with the artistic production of the workshops of the Holy Land.”